Mario CAROSSA: LA POLITICA, QUELLA BUONA, PUO' ANCORA ILLUMINARE IL FUTURO



Mario CAROSSA 
Il mio impegno in Regione, in questi due anni e mezzo di mandato, si è sviluppato in un contesto che dire complesso è poco. In poco più di settecento giorni il livore antipolitico è stato, anche furbescamente, così tanto gonfiato da aver travolto ogni cosa. Eppure io rimango un convintissimo assertore della necessità di una buona politica. Perché solo la buona politica, fatta con sani principi e nell’unico interesse della collettività, può tracciare la via per uscire da questa crisi e accendere un luce alla fine del tunnel: per il futuro. Per questo non rinnegherò mai l’orgoglio di far parte dell’assemblea della Regione Piemonte.
Bisogna distinguere molto attentamente tra ciò che avviene in altre parti del Paese e ciò che avviene qua da noi, ragionare con l’imperativo di capire che cosa sta accadendo. L’orgoglio di essere stato scelto dai cittadini e non imposto da altri poteri come accade per qualcuno a Roma, non me lo toglierà mai nessuno, così come l’orgoglio di non aver fatto mai nulla per arricchirmi alle spalle dei cittadini, sentimento che non so se qualcuno che governa a Roma può egualmente vantare visto il rapporto che ha con quelle stesse banche che, ad esempio, vendevano titoli sospetti a inconsapevoli risparmiatori. E così sono convinto che essere guidati da uno stato centralista in mano a persone di questo tipo sia del tutto inaccettabile. Tutti devono fare la propria parte nella società ed è giusto ridurre gli emolumenti e razionalizzare, proseguire nella strada intrapresa da questo Consiglio che ha tagliato i suoi costi più di tutti nel Paese. Del nostro operato dobbiamo rispondere non ai giornali, alla macchina dell’infamia o alle copertine, ma ai cittadini e ai nostri figli. Il vero problema nelle istituzioni non sono gli stipendi, ma è se questi stipendi vengono pagati a persone che poi non fanno nulla.
E’ dunque necessario e irrinunciabile un profondo cambio di mentalità. Esattamente come in sanità, dove la riorganizzazione che questa Regione ha iniziato a mettere in atto ha voluto imporre un cambio di rotta, verso una visione più ampia che abbia al centro la persona e non il sistema. Il punto fondamentale è che non ci si può più regolare con un ottica di difesa territoriale o di orticello, per quel che riguarda la sanità. E ciò per rilanciare la grande efficienza ed eccellenza che la nostra Regione ha sempre espresso. Per questo il nostro Piano ha improntato una revisione virtuosa di tutto il sistema, verso una sanità migliore a costi minori. Un concetto ben diverso rispetto ai tagli ingiustificati, pesanti e slegati da un piano di riorganizzazione già concordato, che il governo centrale ha unilateralmente imposto. 
A livello nazionale questo governo ha imposto tagli che comportano una diminuzione di almeno 15mila posti letto negli ospedali, di migliaia di reparti e di almeno un migliaio di primariati, con un taglio totale al finanziamento al servizio sanitario nazionale che toccherà i 4,7 miliardi di euro nel 2014. Sul territorio del Piemonte i tagli hanno significato la necessità di riconversione di almeno sei ospedali minori, a Torino e in altre zone della regione. Ma non solo. Vi è stato un inopinato taglio ai finanziamenti sulla sanità nell’ordine dei cento milioni di euro per il 2012 e del doppio, 200 milioni per il 2013. E ciò rispetto a patti già presi con lo stesso Governo e impostati nel piano di rientro già messo in atto dalla Giunta Cota. E ciò nonostante la Regione abbia approvato il suo piano sanitario che porterà a un risparmio di oltre 400 milioni di euro in tre anni. Che cosa vuole dire la spendig review del Governo Monti allora? Vuole dire che il Piemonte nei prossimi tre anni sarà costretto, e intendo costretto senza possibilità di scelta, a perdere almeno 1400 posti letto, più di quattrocento per la fase acuta e gli altri per la fase post acuta. Questo malgrado i meriti della nostra Regione che per la prima volta in 15 anni era riuscita a invertire la tendenza sull’indebitamento.
Razionalizzare, dunque, è certamente un imperativo, creare eccellenza con una sinergia tra le migliori strutture del nostro territorio è un altro imperativo per mantenere un servizio di prim’ordine per la gente. Ma solo la buona politica del fare, dei fatti concreti, può riuscire in quest’opera complessa. Non di certo la politica dei tecnocrati e dei numeri, che alle persone sostituisce lo spread e alle necessità supplisce con le scudisciate dei tagli inopinati e delle tasse più alte d’Europa. 

                                                                                              Mario CAROSSA